La qualità della vita e la dignità della persona

Bioetica: La qualità della vita e la dignità della persona: aspetti scientifici, etico-giuridici e filosofici
a cura di C. Dal Canto, M. Paoli, G. Volpi – Ed. Del Cerro 2002 (€ 14,50)

Presentazioni (p. 7)
Introduzione (p. 11)
Nota dei curatori (p. 19)
Ambiti e temi di ricerca delle biotecnologie – Gaia Marsico (p. 23)
Prospettive e interrogativi sollevati dallo sviluppo biotecnologico – Marina Casini (p. 59)
Bioetica: una risposta ai nuovi interrogativi – Maurizio Mori (p. 79)
Il pensiero giuridico di fronte alla sfida delle biotecnologie – Mario Zana (p. 119)
Cultura filosofica e cultura tecnico-scientifica: spunti di riflessione – Guglielmo Tamburrini (p. 133)
ppendice: I lavori premiati durante il concorso «Con-vivere/con dividere la scienza» (p. 138) – L’esperienza della prima Conferenza nazionale di Bioetica per la scuola – Capua, 2001 (p. 144)

Introduzione

Gli uomini di oggi sono posti di fronte ai numerosi problemi sollevati dall’evolversi delle conoscenze nel campo scientifico-tecnologico e fra questi, forse in modo particolare, a quelli emergenti nel settore delle scienze biologiche, alle quali molti studiosi riconoscono ormai, a partire dalla seconda metà del Novecento, quel ruolo guida che era sempre stato tradizionalmente attribuito alla fisica. Tali problemi, tra l’altro, non sembrano risolvibili né attraverso l’estrema specializzazione dei saperi e delle relative competenze settoriali, né per mezzo della sterminata quantità di notizie che, diffuse dai grandi mezzi di comunicazione, riescono spesso più a disorientare e ad allarmare che ad informare in maniera seria ed efficace.
Si potrebbero citare a tale proposito, tanto per rimanere ad alcune delle notizie che più ci hanno colpito negli ultimi tempi, le riflessioni di Stephen Hawking, famoso professore di fisica dell’Università di Cambridge e considerato una delle più grandi menti viventi, il quale sostiene che l’intelligenza informatica si sta evolvendo con una velocità superiore a quella umana e che quindi l’uomo sarà, prima o poi, superato dalle «macchine». Per cui, suggerisce Hawking, occorrerà modificare il DNA umano, ossia creare uomini con un DNA più complesso per evitare di essere sopraffatti dagli automi intelligenti. Insomma una specie di «Superuomini» da affiancare ai «Normali» esseri umani. Oppure, si potrebbe pensare al dibattito suscitato dalle notizie diffuse sulla volontà conclamata di procedere alla clorazione di esseri umani da parte di alcuni autorevoli ricercatori, tra cui l’italiano Severino Antinori il quale ha annunciato esperimenti in tal senso che avrebbero coinvolto donne di varie nazionalità.
O ricordare, sempre sullo stesso argomento, la notizia relativa alla prima (o almeno presentata come tale) clonazione di un embrione umano avvenuta nel novembre del 2001 ad opera di una società privata di biotecnologia con sede a Worcester nel Massachussetts e quella del parziale sviluppo di un embrione umano all’interno di un utero artificiale, anche in vista di un impianto sull’uomo in maniera da rendere interscambiabile il ruolo materno tra maschi e femmine, realizzato ,,quest’anno alla Cornell Uníversity da un gruppo di scienziati statunitensi.
Si tratta, come rilevabile anche da questi semplici riferimenti, di questioni di grande importanza dalle quali, a nostro avviso, non possono prescindere tutti coloro che intendono maturare una autonomia di pensiero in vista di scelte libere e responsabili. Certo, si potrebbe pensare che, tutto sommato, «non c’è niente di nuovo sotto il sole» (come anche affermato da Norberto Bobbio, seppure in un contesto non identico, in una intervista concessa a Vittorio Possenti e apparsa di recente su un quotidiano a larga diffusione), dal momento che l’uomo e il mondo sono sempre stati sostanzialmente gli stessi e che abbiamo sempre avuto un rapporto ambivalente e problematico con la natura.
Se ciò è in parte vero, ci sembra altrettanto vero che l’epoca attuale si caratterizza per alcune novità radicali. In particolare, e relativamente alle problematiche affrontate in questa sede, intendiamo riferirci ad una ricerca scientifica sempre più spinta ai confini della vita con una violenza che, amplificata dal sistema massmediatico, rischia di far dimenticare quell’ ethos che permette agli uomini di sentirsi se stessi; affermiamo che mai come oggi ci siamo trovati di fronte al rischio di fare della tecnica un idolo e che davanti a noi si pongono necessità del tutto nuove, rispetto alle quali principi dati per scontati da millenni non sono più facilmente applicabili. Come è stato opportunamente rilevato «…mentre la teoria della relatività e la meccanica quantisticali;iiino al massimo influenzato, mediante una trasposizione metaforica, l’ímmagine che l’uomo ha di sé, la nuova biologia cambia invece l’uomo stesso» (A. Bolaffi, G. Marramao, Frammento e sistema, Donzelli, 2001).Questa nuova fase epocale ha contribuito a spingere alcuni studiosi a coniare il termine di bioetica, molti altri a dedicarsi a questo tipo di studi, ed ha fatto sì che tanti uomini di oggi approfondissero tale settore.Come ci ha suggerito il padre della prima bambina francese nata in provetta, Jacques Testart, siamo forse per la prima volta nella «…necessità di definire una soglia, quella che rende l’uomo intollerabile all’uomo» (L’uovo trasparente, Bompiani, 1988).
Un tale scenario rischia di essere ulteriormente aggravato anche dal depotenziamento della metafisica e dal conseguente prevalere di un «pensiero debole» che ha condotto ad un certo smarrimento dell’identità ontologica dell’uomo, del senso della sua esistenza e all’apertura di un orizzonte di tipo nichilistico.
Ma affrontare tematiche di bioetica come quelle legate alle manipolazioni genetiche ed alle biotecnologie, ai trapianti di organi, alla fecondazione artificiale, al trattamento degli embrioni o all’accanimento terapeutico, vuol dire anche fare chiarezza tra i vari ambiti dei saperi che entrano in gioco ed imparare a distinguere tra ciò che appartiene all’ambito della tecnica, ciò che riguarda il campo scientifico e quello che attiene al dominio dei principi filosofici ed etici. In particolare ci sembra fondamentale tentare di dare una prima risposta alla complessa questione del rapporto tra scienza e tecnica ricordando che la diffusa concezione secondo la quale la scienza si occuperebbe di questioni teoretiche e la tecnica delle conseguenti applicazioni pratiche, ci appare quantomeno semplicistica.
Non ci sentiamo pertanto di condividere affermazioni come quelle manifestate di recente in un libro-intervista da un noto e stimato filosofo (docente, tra l’altro, all’Ateneo pisano) il quale, oltre a ritenere la scienza una conquista irrinunciabile per l’umanità, sostiene anche che solo «…il suo uso può essere buono o cattivo» (R. Bodei, Il dottor Freud e i nervi dell’anima, Donzelli, 2000).
Se infatti seguendo altri studiosi come Umberto Galimberti, pensiamo che «La scienza non ha uno sguardo puro, non guarda il mondo per contemplarlo come fa il poeta ma per trasformarlo» e l’intenzione manipolatrice è già insita «…nello stesso atto di nascita dello sguardo scientifico» (E. Boncinelli e U. Galimberti con Giovanni Maria Pace, E ora? La dimensione umana e le sfide della scienza, Einaudi, 2000) allora ci appare problematica una distinzione tra ricerca pura e sue applicazioni pratiche da considerarsi buone o cattive in base ai risultati perseguiti. Riteniamo perciò; con Testart, che l’impresa tecnico-scientifica non sia un procedimento neutrale e che quindi occorra collocare le scelte etiche in un momento anteriore alla ricerca e sosteniamo la necessità di «una riflessione plurídisciplinare sul significato della produzione scientifica» (op. cit.).
Ci sembra inoltre fondamentale non limitare una tale riflessione agli esperti delle varie discipline e agli addetti ai lavori ma estenderla in maniera più ampia possibile, favorendo
il costituirsi di centri di approfondimento e di discussione capaci di superare l’orizzonte degli attuali comitati etici e degli ambiti specialistici.
È proprio in questa direzione che intende procedere l’iniziativa avviata per la nostra città, grazie anche alla collaborazione dell’Amm.re Comunale, da un gruppo di insegnanti
dell’iris «G. Marconi», pur nella consapevolezza che l’impresa presenta difficoltà culturali (diffusa sfiducia nella partecipazione e nel dialogo, allentamento dei legami sociali, trionfo dell’individualismo più sfrenato ecc.) e logistiche non indifferenti ma, anche, nella convinzione che non possano esistere validi percorsi alternativi né facili scorciatoie per evitare che scelte coinvolgenti la direzione del nostro futuro vengano riservate a circoli elitari, depositari di interessi settoriali ed in ogni caso estranei al bene comune.
In tale ottica non ci sentiamo di condividere le posizioni di coloro che auspicano una ricerca guidata da gruppi di poi crc, purché sganciati da criteri ideologici, religiosi e filosofici, iri quanto riteniamo che sottrarre tali gruppi a influenze (1i una simile natura costituisca un’ impresa destinata al fallimento.
Per quanto già fatto notare, non ci sembra neppure plausibile la concezione, assai diffusa in ambito scientifico, secondo cui alla scienza dovrebbe essere riconosciuto il diritto alla più completa autonomia dal momento che essa stessa risulterebbe di per sé autocorrettiva, ossia in grado di correggere (la sola i propri errori.
A costo di ripeterci riteniamo quindi che l’unica via percorribile, anche se non di semplice attuazione, sia l’apertura (li uno spazio di pubblica riflessione in vista di quella che potremmo definire una «etica della convivialità della cittadinanza» mirante al coinvolgimento più ampio possibile dei cittadini e, nello stesso tempo, orientata alla ricomposizione (lei saperi attraverso una interdisciplinarità spesso trascurata ira che, nella discussione bioetica, diviene assolutamente indispensabile anche in considerazione dell’unità e della complessità dell’essere umano.
Occorre dunque distinguere, in un primo momento, i vari ambiti dei saperi e le loro rispettive competenze, in vista di una successiva ricomposizione da condividere e da realizzare anche per arginare la diffusa tendenza alla disgregazione ed al particolarismo, con il conseguente rischio dello smarrimento della totalità dell’uomo.
In tal senso riteniamo di fondamentale importanza, pur tra tante difficoltà, visto lo scetticismo ed il relativismo dominanti, ricercare alcuni principi etici comuni nello sforzo di approdare, secondo la prospettiva indicata dallo stesso Remo Bodei, ad un’etica «…universale, di tipo planetario, che valga per tutti gli uomini, al di là della loro cittadinanza» (op. cit.) e che risulti ragionevolmente difendibile. Con Bodei crediamo infatti che dovremmo considerare l’umanità «Come una polifonia di voci differenti che, malgrado le dissonanze, cominci a confrontarsi su scala globale» (ivi) e con Bolaffi riteniamo opportuno che si ponga «…all’ordine del giorno la necessità di una convenzione bioetica globale che definisca una Magna Charta dei diritti biologici dell’umanità» (A. Bolaffi, G. Marramao, op. cit. ).
Questa esigenza di raggiungere valori universali sembra farsi strada anche in ambiti diversi da quello strettamente filosofico e a tale proposito, ad esempio, ci piace ricordare un intervento di Francesco Alberoni apparso negli ultimi mesi su un autorevole quotidiano ed una recente presa di posizione di Giovanni Berlinguer, attuale presidente del Comitato Nazionale di Bioetica, il quale ritiene proprio che, di fronte ai grandi interrogativi posti dalle nuove frontiere della conoscenza soprattutto nel settore delle biotecnologie, del genoma umano e dell’utilizzo delle cellule staminali, è necessario che «siano elaborati principi e regole che abbiano valore universale».
Come insegnanti ci preme anche sottolineare che il carattere interdisciplinare della bioetica e il suo conseguente coinvolgimento di ambiti diversi del sapere comporti una seria riflessione nel campo educativo e quindi in quello scolastico.
Se infatti educare significa aiutare a comprendere il valore della ricerca dei significati, del dialogo intorno alle varie visioni dell’uomo e contribuire a fare scoprire le ragioni per cui un essere umano deve agire in vista della propria realizzazione, e la bioetica intende individuare principi di riferimento condivisibili da tutti, allora riteniamo che sia impossibile non riconoscerle un valore pedagogico. Non certamente come materia da aggiungere alle altre ma neppure con una valenza genericamente formativa secondo quanto inteso da alcune parti (v. anche Protocollo siglato tra Ministero della PI. e Comitato Nazionale di Bioetica). Crediamo invece che, a proposito dell’insegnamento della bioetica, si debba partire da una domanda essenziale: con quale etica possono essere più adeguatamente affrontati i problemi sollevati dallo sviluppo delle tecnoscienze? Si esprime qui l’esigenza reale di individuare seri criteri di comportamento per la vita personale e la condotta sociale; ma quale educatore può avere l’autorità di affermare che una morale è migliore di un’altra? Non
e certo facile rispondere a questo interrogativo, ma possiamo tentare almeno una approssimazione verso una risposta possibile. In primo luogo ci sentiamo di escludere, anche in riferimento alle precedenti considerazioni, una presentazione neutrale delle problematiche bioetiche, perché questa scelta sarebbe di per sé già il frutto di un orientamento etico ben )reciso, così come non possiamo limitarci ad individuare íl senso delle domande eludendo qualsiasi risposta. È quindi necessario ricercare un nucleo di valori condivisi a cui riferirsi, norme oggettivamente fondate che possano guidare l’agire umano.
La consapevolezza di una cittadinanza democratica impone che non si possa agire senza; pensare, senza assumersi responsabilità: attraverso la bioetica prende forma l’esercizio alla critica come libertà che si apre alla responsabilità.
Proporre agli studenti, attraverso l’esercizio della razionalità, una sintesi tra libertà e responsabilità ci appare un percorso in armonia con quanto già indicato perché la libertà Nell’uomo è condizionata dalla responsabilità verso se stessi e verso gli altri. Facciamo proprio, in tal senso, quanto una volta ebbe a scrivere Karl Jaspers: «Solo quando si manifesta un conflitto sul terreno della prassi appare chiaro che cosa importi a un uomo. Solo nel momento concreto, che costringe alla decisione, non alla mera riflessione su di esso, si fa palese che cosa per un uomo soprattutto conti, e inoltre se egli conduca la propria vita obbedendo a determinazioni gerarchiche che le conferiscono un assetto, una struttura, o se invece si abbandoni a comportamenti di volta in volta discordanti, in una confusione che finisce con l’occultare il senso della sua vita» (Karl Jaspers, Piccola scuola del pensiero filosofico, SE Editore, 1998).
Sono passati ormai diversi anni da quando il gruppo nato :fI1’interno dell’ITIS «Guglielmo Marconi» organizzava una serie di giornate di studio sul tema: «Perché la filosofia oggi?». Attualmente, anche dopo avere promosso ulteriori iniziative stille implicazioni del nostro sviluppo tecnico scientifico ed avere avviato una riflessione in ambito bioetico, riteniamo di potere affermare che gli elementi fondamentali emersi nel corso di quelle giornate ricevano nuove conferme. Quanto riportato dopo quella occasione e precisamente che «l’enorme progresso della scienza e della tecnica nell’epoca contemporanea, accanto alla risoluzione di numerosi problemi del genere umano, ha anche aperto – come era facilmente prevedibile – pericolose fratture e creato problematiche nuove che possono offrirsi alla riflessione filosofica nel tentativo di trovare in essa alcune possibili soluzioni» (Filosofia ed Etica di fronte allo sviluppo scientifico tecnologico, Atti dei convegni, iris G. Marconi, Pontedera, 2000) ci sembra infatti rafforzata se ci mettiamo, in particolare, in una prospettiva bioetica. Le scelte che diventano sempre più drammatiche per le possibilità che la scienza e la tecnica offrono all’uomo non potranno infatti prescindere da una riflessione filosofica sull’essere umano, sul senso della vita e su ciò che si pensa debba essere il nostro futuro, così come probabilmente non potranno fare a meno di una analisi dei meccanismi di potere più o meno occulti e degli interessi che entrano in gioco.

Pontedera, Giugno 2002

Nota dei curatori

La Dott.ssa Gaia Marsico presenta una relazione centrata sulle problematiche relative all’inizio della vita intendendo proporre in primo luogo una aggiornata rassegna delle diverse posizioni emerse in ambito laico e cattolico su questioni come lo statuto dell’ embrione} la procreazione assistita} l’aborto e le loro conseguenze sul piano etico-sociale. Un’attenzione partico lare è rivolta a problematiche meno dibattute ma forse più le gate alla vita quotidiana di tante persone come la diagnosi pre- natale genetica (amniocentesi) ed il consenso informato. Nella parte finale del suo intervento, l’autrice tenta di circoscrivere il campo di interesse complessivo della bioetica evidenziandone anche la portata ed i suoi possibili significati per la società con temporanea. In conclusione viene individuato per la bioetica il compito di proporsi come cosciènza critica nei confronti di tan ti aspetti della pratica scientifica e punto di riferimento per la maturazione di scelte etiche autonome e responsabili.

Nel secondo intervento la Dott.ssa Marina Casini, dopo avere operato una distinzione tra quella che si può definire «Etica della disponibilità della vita» e «Etica della indisponi bilità della vita», indica in quest’ultima la strada più opportu na per affrontare le domande poste dall’ incessante sviluppo tec nico-scientifico il quale ha offerto possibilità di intervento sugli aspetti più intimi e misteriosi, della vita umana} motivando tale scelta con considerazioni di natura giuridica. Questo tipo di impostazione permette} secondo la relatrice, di affrontare le nuove sfide e di arrivare alla formulazione di un postulato di uguaglianza tra tutti gli uomini che può essere laicamente condiviso e che può anche rendere superata la classica distinzione tra bioetica laica e bioetica cattolica. La relatrice una volta ri badito, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che l’esigenza meta-scientifica e quella meta-tecnologica emergono dall’interno della stessa scienza e che la problematica etica sorge a vari livelli della stessa pratica, propone di superare il grave rischio di «di sperdere l’essere umano nel mondo delle cose» attraverso un «Personalismo» ontologicamente fondato in grado, tra l’altro, di rappresentare una sfida per la costruzione di un ponte tra natura e persona, tra fede e ragione, tra etica e diritto.

Il Prof. Maurizio Mori dopo aver individuato una analogia tra movimento bio etico e movimento illuminista per la loro enorme portata storica evidenzia nella cultura occidentale del nostro tempo un atteggiamento diffuso che ritiene non più comprensibili i divieti morali assoluti. Oggi diventa quindi estremamente problematico, rispetto al passato, individuare una gerarchia di valori guida per le nostre scelte. Non si può d’altronde ignorare che le vecchie tradizioni si sono formate in un’epoca nella quale l’uomo non conosceva ancora i processi vitali e non era quindi in grado di controllarli e di guidarli.
Ma una volta che queste nuove conoscenze sono state acquisite, non ci possiamo più permettere di perdere le opportunità offer te dalla nuova rivoluzione compiuta in campo medico-biologico anche se è opportuno valutare i rischi cui è possibile andare in contro. Dopo avere affrontato la distinzione tra etica laica e cattolica ed essersi dichiarato a favore di un’ etica relativista, se con questo termine si intende affermare che «i giudizi etici sono relativi alle circostanze», il prof. Mori sostiene che la po sizione più ragionevole sul piano etico è quella di un «soggettivismo obiettivista». Si sofferma inoltre, tra le altre cose, sul concetto di vita distinguendo tra vita umana, essere umano, individuo e persona, sostenendo altresì che, a suo giu dizio, non è possibile ritenere che l’embrione sia una persona.

Il Prof. Zana attraverso una lettura attenta di alcuni documenti emanati da organismi nazionali ed internazionali in materia di bioetica, evidenzia importanti indicazioni che, se oppor tunamente filtrate attraverso un dibattito, potranno portare alla formulazione di «Regole che siano tali da garantire, per un verso, il soddisfacimento delle esigenze che nascono dalla con creta esperienza e, dall’ altro, il rispetto di quel principio fonda mentale rappresentato dalla dignità della persona umana». In particolare, affrontando alcune tra le principali tematiche di bioetica, come quelle di fine-vita, rileva che il legislatore debba rimanere sul piano della norma generale al fine di non «ucci dere» la «varietà delle istanze concrete». A conclusione dell’in tervento l’autore accenna ai notevoli interessi economici che spesso intervengono in questo settore, rilevando comunque il ruolo che può svolgere in tal senso il potere politico anche se non si nasconde che restano zone d’ombra assai preoccupanti.

Il Prof. Tamburrini osserva come in Italia la cultura filosofica e quella scientifico-tecnologica siano ancora divise da vecchi pregiudizi per il cui superamento è necessario, tra l’altro, «attraversare con competenza i confini disciplinari». Ricollegandosi ad uno studio che sta conducendo sull’Intelligenza Artificiale egli rileva come le competenze tecniche richieste in proposito non possano prescindere dalle conoscenze filosofiche. In genere si può dunque affermare che uno scienziato che compia determinate indagini in un settore specifico, sia guidato nella sua ricerca «anche da concezioni metafisiche, da ipotesi non empiriche sulla natura di ciò che deve indagare». La necessità di un approccio multidisciplinare è avvertita specialmen te in bioetica che richiede non solo «una riflessione integrata» su tecnica, scienza e filosofia ma anche sull’uomo stesso in quanto soggetto moralmente responsabile.

Le relazioni presentate in questo volume non sono state tutte riviste dagli autori (in particolare, non è stato mai visionato il testo dalla Dott.ssa Marina Casini). I curatori della presente pubblicazione si assumono la responsabilità del contenuto di tali parti.