Bioetica & Società n. 1 – 2003

2003: n. 1 giugno-dicembre (Anno I)

Editoriale (p. 5)

INTERVENTI

Gaia Marsico, Bioetica: è possibile/doveroso lasciarsi interrogare dalla società e dal presente? (p.13)

Marina Casini, Dino Moltisanti, Bioetica e Società tra informazione e formazione. Riflessioni su: Scuola, Famiglia, Mass-Media, Diritti Umani (p. 20)

Lodovico Galleni, Implicazioni sull’etica ambientale della teoria Biosferocentrica (p. 32)

Andrea Porcarelli, Bioetica a scuola: una sfida per la nostra società (p. 43)

ESPERIENZE E RIFLESSIONI DAL MONDO DELLA SCUOLA

Michele Giacci, Apprendere Bioetica insieme (p. 53)

Nicoletta Marotti, Il laboratorio per la didattica della bioetica dell’Emilia Romagna (p. 60)

Giovanna Ceparello, La bioetica tra scuola e territorio (p. 65)

Fabio Antichi, Alessio Gemmi, Elena Montagnani, Francesco Panicucci, Intervento alla II Conferenza Nazionale di Bioetica per la Scuola (Genova, 12-13 dic. 2002). Spunti di riflessione nati dalla comparazione tra la Bozza del CNB (Bioetica interculturale) e il volume «Bioetica» realizzato dall’Istituto Tecnico Industriale «G. Marconi» con il contributo del Comune di Pontedera (p. 67)

Convegni, Recensioni… (p. 71)


Editoriale

L’Istituto Tecnico Industriale «G. Marconi»» di Pontedera ha avviato, nell’anno scolastico 1996-97, un Laboratorio di Ricerca sui rapporti fra Tecnica, Scienza e Filosofia e, successivamente, grazie anche all’interessamento ed al coinvolgimento attivo dell’Amministrazione Comunale della città, un Centro di Bioetica che si presenta come spazio per la ricerca didattica e per il dibattito pubblico. Tutto ciò con lo scopo di approfondire le problematiche sollevate dallo sviluppo scientifico-tecnologico in un’ottica interdisciplinare e in considerazione dell’importanza che la bioetica va rivestendo negli ultimi anni come grande movimento culturale teso ad affermare nuovi valori, nella consapevolezza di un diffuso pluralismo etico e nel rispetto dell’autonomia delle coscienze. Il Centro di Bioetica si propone quindi, in prima istanza, coree seria e concreta occasione di promozione culturale e sociale intorno alle tematiche relative alle cosiddette «biotecniche», nella convinzione che esse non siano solo materia da «addetti ai lavori» e che non esista problema bioetico del quale sia possibile dire: non mi riguarda, anzi, nel ritenere che tali problemi comunque ci coinvolgono, crediamo sia molto più saggio affrontarli con serenità e adeguate conoscenze prima che siano essi ad interessarsi di noi.

È anche a seguito di tali riflessioni che nasce l’idea di estendere ulterior­mente la prospettiva del «Centro» attraverso la realizzazione di una rivista rivolta sia al mondo della scuola e della cultura che all’intera società, con particolare attenzione alle giovani generazioni e con il coinvolgimento di esperti delle varie discipline implicate nelle tematiche della bioetica. Il titolo stesso della rivista ci appare pertanto assai significativo e coerente con quanto appena affermato.

Dalle riflessioni maturate durante questi anni di attività nella nostra scuola, dagli incontri con gli studenti, con gli insegnanti e con il mondo della cultura in genere abbiamo quindi tratto alcune indicazioni sui possibili sviluppi della bioetica a partire da una riflessione sulla peculiarità del tempo presente.

In effetti ci sembra proprio di vivere in un’epoca radicalmente «nuova» rispetto al passato; un’epoca che può evolvere verso destini eccezionalmente positivi per l’umanità, quanto precipitare in una situazione di «neoimbarbarimento» dalle catastrofiche conseguenze. Questa forte impressione è sicura­mente condivisa da molti uomini di oggi; ci è attestata dall’esperienza personale, trova conferma in sempre più numerose riflessioni di autori appartenenti a diversi orientamenti culturali e può essere individuata dietro tanti avvenimenti noti e meno noti della nostra vita sociale quotidiana.

Più in particolare, se pensiamo ad un ambito non certamente marginale come quello della scienza e della tecnica, senza avere la pretesa di compiere analisi esaustive, si potrebbe constatare che l’attuale fase storica appare «continuamente a rischio». Un tempo, infatti, come sottolinea, tra gli altri, Salvatore Natali, «le scoperte erano solo motivo di trionfo (e invece) oggi, al contrario, il rischio è in agguato laddove risplende il meglio» e questo per­ché la tecnica ha potuto svilupparsi senza grossi problemi e con limitati di­lemmi in una società a bassa complessità mentre «in una società ad alta complessità ogni soluzione si riformula come problema» (S. Natoli, Stare al mondo. Escursioni nel tempo presente, Feltrinelli, 2002).

Pensiamo anche di poter ragionevolmente sostenere, come scritto recentemente da Umberto Galimberti, che si è verificato un passaggio significativo da una fase storica in cui gli uomini disponevano di un «fare manipolativo (tecnica) che, non essendo in grado di incidere sui grandi cicli della natura e della specie, era circoscritto in un orizzonte che rimaneva stabile e inviolabile», ad un’altra dove «anche quest’orizzonte rientra nelle possibilità della manipolazione tecnica». La sperimentazione scientifica si sviluppa, infatti, in un ambiente artificiale (laboratorio) ma, attualmente, «il laboratorio è diventato coestensivo al mondo, ed é difficile continuare a chiamare sperimentazione ciò che modifica in modo irreversibile il mondo naturale e quello umano» (U. Galimberti, La Repubblica, 28 dicembre 2002).

E se focalizziamo la nostra attenzione sulle scienze della vita ci riconoscia­mo anche in quanto riportato, per esempio, da Angelo Bolaffi sul fatto che «mentre la teoria della relatività e la meccanica quantistica hanno al massimo influenzato, mediante una trasposizione metaforica, l’immagine che l’uomo ha di sé, la nuova biologia cambia invece l’uomo stesso» (A. Bolaffi, G. Marramao, Frammento e sistema, Donzelli, 2001). Ricordando inoltre il giudizio di Remo Bodei secondo il quale «…diversamente dai regimi totalitari che volevano plasmare gli individui con la violenza, la disciplina e l’ideolo­gia, le biotecnologie sono oggi effettivamente in condizione di creare – con mezzi non politici e, magari, con scopi filantropici – l’uomo nuovo, denaturalizzato. selezionato geneticamente…» (R. Bodei, Destini personali. L:età della colonizzazione delle coscienze, Feltrinelli, 2002), si può allora comprendere facilmente come per la bioetica, in quanto riflessione sulle implica­zioni collegate con lo sviluppo delle biotecniche, sia il tempo di scelte sem­pre più importanti e coinvolgenti.

Il presente momento per la bioetica può sembrare ancora più decisivo se consideriamo la crisi che da tempo attraversa la capacità più nobile dell’uo­mo, vale a dire il pensiero, il quale, a detta di un numero sempre maggiore di autori, si troverebbe veramente in serio pericolo. Ha lanciato, per esem­pio, in tal senso, proprio in questi ultimi tempi, un preoccupato grido d’al­larme, l’intellettuale francese Philippe Sollers, il quale afferma che l’uomo di oggi è immerso nel «conformismo» e nella «chiacchiera»», parla di tutto senza parlare realmente di nulla ed inoltre che «…ce ne pas la pensée libre qui est aujourd’hui menacée, mais, plus violemment, la pensée tout court. C’est elle qui est sans tesse dissuadée, atténuée, diffèrée, utilisée, et instrumentalisée loin de sa source et de ses possibilités essentielles»» (P Sollers, Le Monde, 13 dicembre 2002). Anche da noi, d’altra parte, Alberto Asor Rosa ha recente­mente affermato che tutte le forme di pensiero sarebbero in decadenza e che non esisterebbero più «né letteratura né arti né filosofia né pensiero giuridico né riflessione religiosa…» (A.A. Rosa, Lia guerra, Einaudi, 2002) e, pur da una diversa collocazione culturale, Massimo Fini ha scritto che «Per la prima volta nella storia dell’Occidente… non c’è un pensiero che pensa se stesso. Non c’è più una filosofia che dia un orientamento…» (M. Fini, Il vizio oscuro dell’Occidente, Marsilio 2002).

Anche senza riconoscersi pienamente in tali considerazioni ci sembra in ogni caso doveroso prendere atto della necessità e dell’urgenza di portare il dibattito bioetico al livello di una opinione pubblica che è oramai chiamata non solo a discutere e a confrontarsi ma anche a divenire consapevole della necessità di un diretto coinvolgimento in questo processo di trasformazione epocale, ad acquisire coscienza della nuova situazione emergente e a lavorare concretamente affinché il cambiamento, ed i rischi ad esso connesso, sia gui­dato con saggezza, senso del limite e responsabilità.

Se non accettiamo le conseguenze dell’affermazione secondo la quale «l’uomo è l’esperimento di se stesso» (Mare Jongen, Der mensch ist sein eigenes Experiment, Die Zeit, 9 agosto 2001), ci sembra che bioetica e società diventi un binomio necessariamente da coniugare all’insegna di una reale partecipazione e di un coinvolgimento sempre più ampio, in vista di una ri­costruzione di un sentire comune che sia frutto di uno sforzo che nasce da esigenze condivise e non il semplice consenso acritico dato ad elaborazioni (esperimenti, progetti…) prodotte in «torri d’avorio» da uno o più saperi riservati ai soli «addetti ai lavori»» o, peggio ancora, concesso in seguito a pres­sioni esercitate da gruppi di potere più o meno occulti.

Noti si tratta (o non si tratta più) di creare spazi di coesistenza e di tolleranza reciproca tra le varie posizioni, magari molto lontane tra loro, nel rispetto di una democratica convivenza e nella ricerca di minimi consensi tra punti di vista tra loro divergenti, quanto di favorire, svincolandosi da ogni pregiudizio culturale e nella maniera pili partecipata possibile, sulla base di un continuo confronto argomentato, la possibilità di un incontro reale, profondo e sempre maggiore di tutti gli interessati, in vista di una convergenza sulle più importanti ed elementari esigenze umane e della individuazione di una scala di valori oggettivamente condivisibili.

A tale proposito molto resta da fare, a nostro avviso, sia sul piano della discussione pubblica che sul versante scolastico, vale a dire in quel settore dove sono in gioco le future capacità di impegno delle nuove generazioni ad affrontare un’epoca che si presenta con le caratteristiche appena ricordate del grave rischio e di una crescente complessità. Come non essere d’accordo allora con Edgar Morin quando sostiene la necessità di una riforma del pensiero se si vuole avere uomini in grado «di affrontare i problemi del loro tempo». Occorre infatti, scrive Morin, porre un freno al deperimento democratico prodotto «dall’espansione dell’autorità degli esperti, degli specialisti di tutti i tipi, che limita progressivamente la competenza dei cittadini. Questi sono condannati all’accettazione ignorante delle decisioni di coloro che si ritiene che sappiano, ma la cui intelligenza è miope, perché parcellizzata e astratta… È una riforma vitale per i cittadini del nuovo millennio, che permetterebbe il pieno impiego delle loro attività mentali e che costituirebbe non certo l’unica condizione ma una condizione sine qua non per uscire dalle nostre barbarie» (E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina Editore, 2000).

Ovviamente, tutto questo richiede un profondo ripensamento della stessa azione educativa e formativa all’interno delle nostre realtà scolastiche ed è in tal senso che la presente rivista intende rivolgersi anche al mondo della scuola, nella speranza che i tentativi effettuati e che verranno intrapresi per affrontare, in tale ambito, le tematiche bioetiche, possano veramente costituire una valida occasione di rinnovamento del fare scuola quotidiano.

Iniziamo con questo numero uno sforzo non indifferente in tale direzione, nella convinzione che da soli non potremo procedere e che ci occorrerà il contributo di tutte le componenti della società e di tutti coloro a cui sta a cuore il nostro futuro e quello delle nuove generazioni.

Non stiamo, in questa sede, a insistere sul valore pedagogico della bioetica specialmente nella prospettiva di una riflessione sulle ragioni per cui un essere umano deve agire in vista della propria realizzazione, né su quanto un se­rio approccio bioetico possa contribuire alla acquisizione di quella interdisciplinarità tanto invocata quanto spesso disattesa nelle aule scolastiche.

Ci preme piuttosto soffermarci, a conclusione di queste brevi note, su quella che consideriamo una peculiarità della nostra iniziativa. Essa infatti non parte da uno schieramento culturale prestabilito, intendendo con tale terminologia una serie di scelte frutto di una determinata area del panorama nazionale (laico, cattolico, centro, destra, sinistra…) ima da persone che pur provenienti da diverse «appartenenze» si sono da tempo incontrate mettendo al centro della loro attenzione questioni di fondo della nostra convivenza umana, sia personale che culturale e sociale e che, dopo anni di dialogo, condivisione e ricerca di uno spazio pubblico per allargare il loro confronto, intendono estendere sempre più lo sguardo all’intera società.

«Dalla scuola alla cittadinanza, dalla cultura alla società»: questa potrebbe essere la dichiarazione di intenti di tale iniziativa nella convinzione che tutto ciò comporti un ritorno concreto e riscontrabile nello stesso mondo da cui l’idea è partita.

Vorremmo ringraziare innanzitutto la scuola che ha permesso la nascita del gruppo base di ricerca in tale direzione e precisamente l’Istituto Tecnico Industriale «G. Marconi» di Pontedera che, grazie al positivo appoggio di tutte le Presidenze (in particolare quella del Prof. Sergio Panattoni attuale Dirigente Scolastico della scuola) e di tutti i suoi Organi Collegiali, ha attivato e fatto crescere l’iniziativa. Non si può dimenticare l’interessamento attivo e pienamente condiviso (non solo a parole) dell’Amministrazione Comunale della stessa città ed in particolare dell’Assessore Daniela Pampaloni che, anche partecipando a numerosi incontri in merito, ha seguito, incoraggiato e offerto preziosi suggerimenti per lo sviluppo di queste idee. Ci piace infine ricordare il buon riscontro che l’iniziativa ha trovato in tutti coloro (Amm.ne Pro le, Amm.ne Regionale, membri del Consiglio Nazionale di bioetica, Do­centi ed esperti interpellati…) ai quali è stata, anche solo in parte, presentata.

Siamo fiduciosi che, come è stata possibile la costruzione su piccola scala di un gruppo di lavoro e di riflessione sulla bioetica, ciò possa avvenire anche in ambito più esteso attraverso il coinvolgimento sempre più ampio della scuola e dell’intera società.

NB: Questo primo fascicolo della rivista ospita una serie di contributi pervenuti aia tempo utile per le consegne típografiche. In considerazione del carattere aperto al confronto costruttivo sui temi trattati resta intenzione del comitato di direzione pubblicare, coca i prossimi numeri, ulteriori contributi, anche in grado di stabilire un rapporto dialettico con le posizioni emerse.